Diritti e garanzie del contribuente: persiste l’orientamento pro-fisco della Corte di Cassazione contrario allo Statuto del Contribuente e alla Corte di Giustizia Europea.

Diritto Tributario – Con l’Ordinanza n. 17426 del 30 agosto 2016, la Sezione filtro della Cassazione – in linea con l’orientamento costante manifestato dalla Corte fin dal 2015 con la Sentenza delle Sezioni Unite n. 24823/15 ma in diretto contrasto con le precedenti Sentenze anche a Sezioni Unite (n. 19667/2014 e n. 18184/2013) dove era stato affermata l’opposta ‘regola’ in base alla quale incombe sugli uffici un generale obbligo di attivare sempre il contraddittorio preventivo rispetto all’adozione di un provvedimento che possa incidere negativamente sui diritti e sugli interessi del contribuente – ha ribadito il principio secondo cui, in ipotesi di controllo fiscale eseguito a seguito di acquisizione documentale ex art. 32 del D.p.r. n. 600/1973 (c.d. ‘controllo a tavolino’), non sussiste alcun generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, comportante, in caso di violazione, l’invalidità dell’atto impositivo rilevante ai fini di ‘tributi non armonizzati’ (cioè istituiti e disciplinati da leggi nazionali). Infatti, per la Cassazione, in materia di ‘tributi non armonizzati’, l’obbligo dell’Amministrazione finanziaria di attivare tale contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito dalla legge, come nel caso di accesso, ispezione o verifica presso la sede del contribuente. L’obbligo di contraddittorio, invece, sempre secondo il Giudice di legittimità, è configurabile solo ed esclusivamente nel caso di accertamento avente ad oggetto i ‘tributi armonizzati’ (Iva, Dogana ed Accise) regolati da norme comunitarie (sul punto v. Cass. Civ., Ordinanza n. 20849/16).

In altri termini, in base alla singolare ‘posizione’ della Suprema Corte, la garanzia del preventivo ‘confronto’ tra il contribuente e l’Erario prima della notifica di un atto impositivo – che, come intuibile, dovrebbe essere sempre riconosciuta, a tutela tanto del cittadino quanto del Fisco al fine di attuare pienamente i principi costituzionali di ‘capacità contributiva’ (art. 53 Cost.) e di ‘diritto di difesa’ (art. 24 Cost.), prevenendo abusi (sempre più frequenti) dell’Agenzia delle entrate e ‘bloccando’ ‘ab origine’ accertamenti infondati e non rappresentativi della situazione reale riguardante il soggetto interessato dal ‘controllo’, nonché per evitare inutili sprechi di energie degli organi accertativi che invece dovrebbero essere concentrate sui comprovati ‘casi’ di trasgressione di norme tributarie – sussisterebbe solo quando l’accertamento sia basato sulla violazione di ‘norme comunitarie’ mentre, inspiegabilmente, non sarebbe necessario laddove la contestazione del Fisco abbia ad oggetto la violazione di norme ‘interne’, come l’imposta sulle persone fisiche o l’imposta sulle persone giuridiche, a meno che l’obbligo del contraddittorio preventivo non sia previsto espressamente dalla norma nazionale, come nel caso dell’accertamento da Studi di settore oppure – come detto – quando la verifica preveda l’accesso, ispezione o verifica presso la sede del contribuente.

Tale indirizzo – frutto della sempre maggiore ‘politicizzazione’ della sezione tributaria della Cassazione, ormai costantemente orientata a tutelare le entrate statali a danno dei diritti del cittadino, ‘salvando’ il più possibile il Fisco, anche a costo di calpestare principi cardinali del diritto sostanziale e processuale, come accaduto già nella nota e tormentata vicenda interpretativa (e creativa) sull’abuso del diritto, dove la Corte, in un discutibile fenomeno di trasposizione, si è sostituita al legislatore, imponendo la sua visione ‘extra legem’ di un istituto delicatissimo che incide sulla libertà d’impresa (art. 41 Cost.) – è illogico (oltre che arbitrario) e pone, a questo punto, forti dubbi sulla stessa indipendenza e competenza dei magistrati assegnati alla sezione specializzata nelle liti fiscali del supremo organo giurisdizionale.

In verità, il diritto (generale ed incondizionato) al contraddittorio per il contribuente è sancito ‘in primis’ in ambito comunitario dall’articolo 6, comma 3, della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (diritto per l’accusato ad un equo processo e, in particolare, ad essere informato, nel più breve tempo possibile, in modo dettagliato, della natura e dei motivi dell’accusa formulata a suo carico), ed è stato ribadito nell’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (o Carta di Nizza) (diritto di ogni individuo ad una buona amministrazione e, in particolare, ad essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che gli rechi pregiudizio). Questi principi sono stati, peraltro, precisati nella loro rilevanza da numerose sentenze della Corte di Giustizia (v. cause riunite C-129/13 e C-130/13 Kamino intenational logistic BV ed altri) nelle quali la Corte Europea, partendo dai principi generali a tutela del diritto di difesa e del diritto alla buona amministrazione, ha affermato il diritto al ‘confronto preventivo’ in capo al destinatario di una decisione o di un provvedimento che possa incidere sui propri interessi.

In ambito nazionale, il diritto al contraddittorio trova il suo fondamento innanzitutto negli articoli 24, 97 e 111 della nostra Costituzione che affermano rispettivamente il diritto di difesa, il principio di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione ed il principio del giusto processo. In attuazione dei riferiti ‘parametri’, la Corte Costituzionale nella Sentenza n. 132/2015 ha riconosciuto l’esistenza di un generale diritto al confronto preventivo per tutti gli accertamenti, confermando la nullità di quelli emessi in assenza di contraddittorio endoprocedimentale.

Il diritto al confronto con l’Amministrazione finanziaria si ricava anche nello Statuto dei diritti del Contribuente all’articolo 12, comma 7 della L n. 212/2000, dove è previsto che l’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del termine di sessanta giorni dal rilascio al contribuente della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni ispettive, salvo casi di particolare e motivata urgenza. Proprio in relazione all’ambito di applicazione della riferita norma, la Commissione Tributaria Regionale di Firenze (presieduta da Mario Cicala, già presidente della sezione tributaria della Cassazione, ad attestare che non tutti i magistrati della Suprema Corte sono ‘giustizieri del fisco’), con Ordinanza n. 736/16 del 18 gennaio 2016 ha rimesso alla Consulta la questione di legittimità costituzionale dell’art. 12, comma 7, dello Statuto, con riferimento al diritto al contraddittorio anche nel caso delle ‘verifiche a tavolino’. I giudici toscani sottolineano le peculiarità del processo tributario ove non è possibile rinvenire una vera e propria fase istruttoria da parte di un giudice terzo, pertanto affidata quasi esclusivamente all’Amministrazione finanziaria. Secondo la CTR Toscana, “appare necessario che il contribuente abbia voce, sia presente anche in quella fase, pur qualificabile come ‘amministrativa’, in cui si forma il materiale probatorio su cui poggerà un giudizio spesso pronunciato dopo una breve discussione orale. (…). Il contraddittorio amministrativo appare dunque strumentale a garantire il diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost., ed altresì che le parti processuali si collochino, su un piano se non di compiuta parità almeno ‘in condizioni di parità’ di guisa che il processo risulti ‘giusto’, come prescrive l’art. 111 della Costituzione; che si ispira all’art. 6 della Carta Europea dei Diritti dell’Uomo recepita dall’art. 9 della Costituzione Europea; secondo cui l’Unione aderisce alla Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (e quindi il citato art. 6 è posto sotto lo ‘scudo’ degli artt. 11 e 117, comma 1, Cost.). E appare ovvio che non è né giusto né equo un processo in cui le parti non siano poste ‘in condizione di parità”.

Tutto ciò, evidentemente, dimostra che il tema del contraddittorio – contrariamente a quanto sostenuto dalla Cassazione – è tutt’altro che semplice e ben lontano dall’essere risolto.

Prossimamente la Corte Costituzionale si pronuncerà sulla questione portata alla sua attenzione dalla Commissione Tributaria Regionale di Firenze e vi è da auspicare che affermi che il contraddittorio è un diritto assoluto ed incondizionato da riconoscersi ad ogni tipologia di accertamento, senza limitazioni di sorta. Tale soluzione sarebbe coerente con la Costituzione e con i principi dichiarati, anche in ambito comunitario, dalla Cedu e dalla Carta di Nizza, a tutela dei diritti dell’individuo.

Vincenzo Conforti