Diritto del Lavoro – Licenziamento individuale per Giustificato Motivo Oggettivo: l’onere di dimostrare che il lavoratore non può essere ragionevolmente utilizzato in altre mansioni equivalenti spetta al datore di lavoro o è il lavoratore a dover individuare, nel proprio ricorso, le posizioni eventualmente disponibili?
Ancora sul contrasto di giurisprudenza in materia di onere di “repechage” nel licenziamento per giustificato motivo oggettivo – Corte di cassazione, sentenza 11 ottobre 2016 n. 20436
Diritto del Lavoro Licenziamento – Prosegue il contrasto di giurisprudenza recentemente insorto in materia (cfr. da ultimo, la sentenza n. 17091/2016), senza che nessun collegio della sezione lavoro della Cassazione provveda a rimettere la questione alle sezioni unite civili.
La sentenza in esame, con argomentazioni giuridicamente molto rigorose e logicamente convincenti, afferma che tale onere compete al datore di lavoro e contesta l’orientamento tradizionale secondo cui il lavoratore, per evitare il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, in ipotesi per soppressione del suo posto di lavoro, dovrebbe collaborare con il datore di lavoro indicando i posti disponibili in azienda che potrebbe ricoprire in alternativa al licenziamento.
Secondo la Corte, infatti, “il lavoratore, creditore della reintegra, una volta provata l’esistenza d’un rapporto di lavoro a tempo indeterminato risolto dal licenziamento intimatogli, deve solo allegare l’altrui inadempimento, vale a dire l’illegittimo rifiuto di continuare a farlo lavorare oppostogli dal datore di lavoro in assenza di giusta causa o giustificato motivo, mentre su questo incombe allegare e dimostrare il fatto estintivo, vale a dire l’effettiva esistenza d’una giusta causa o d’un giustificato motivo di recesso (in tali sensi, in motivazione, vedi Cass. 13/6/2016 n. 12101). E in tale ultimo fatto estintivo (cioè nel giustificato motivo oggettivo di licenziamento) della cui prova è onerato il datore di lavoro rientra pure l’impossibilità del c.d. repêchage.
Non può sottacersi, del resto, che il risalente ed innanzi descritto orientamento, non si palesa coerente con quella linea evolutiva della giurisprudenza in tema di onere della prova, qui condivisa, che va accentuando il principio della vicinanza della prova, inteso come apprezzamento dell’effettiva possibilità per l’una o per l’altra parte di offrirla (vedi ex plurimis, Cass. 9/11/2006 n.23918, Cass. 4/5/2012 n.6799, Cass. 29/1/2016 n. 1665, Cass. 31/3/2016 n.6209).
Invero, mentre il lavoratore non ha accesso (o non ne ha di completo) al quadro complessivo della situazione aziendale per verificare dove e come potrebbe essere riallocato, il datore di lavoro ne dispone agevolmente, sicché è anche più vicino alla concreta possibilità della relativa allegazione e prova…. omissis”